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Antinfiammatori, attente in gravidanza


Bastano una o al massimo due compresse di nimesulide, non di più, perché una gestante possa fare correre seri pericoli di vita al proprio feto. La scoperta è stata presentata l'1 e il 2 dicembre a Bari in un Congresso Internazionale di studiosi impegnati nella diagnostica e nella gestione delle malformazioni legate a bimbi che stanno per venire alla luce.



Gli Autori della Ricerca sono tre medici di altrettante città italiane: un cardiologo pediatra e due esperti di diagnosi prenatale, Maurizio Marasini del Gaslini di Genova, Dario Paladini dell'Università Federico II a Napoli, e Paolo Volpe del Di Venere, il secondo ospedale del capoluogo pugliese.



Una ricerca che si conclude dopo un lavoro andato avanti per otto anni e che raccoglie elementi scientifici destinati, al di là di ogni ragionevole incertezza, ad emettere la sentenza poco rassicurante. In particolare, negli ultimi tre mesi della gravidanza, le donne non dovrebbero nella maniera più assoluta ingerire la stragrande maggioranza degli antinfiammatori che secondo questa ricerca creano problemi nel 90 per cento.



Il pericolo? In alcune circostanze si registrano gravi malattie del cuore: quello del feto, appunto. "Malattie", spiega Volpe, "che in casi estremi potrebbero portare alla morte del feto stesso". Spesso e volentieri accade però che le pazienti facciano un uso indiscriminato di nimesulide, "addirittura senza avvertire i medici curanti" precisa Paladini. Gli effetti di questo genere di iniziative sono devastanti, e di solito si interviene quando ormai è troppo tardi. Invece, secondo i tre ricercatori, "è fondamentale correre ai ripari al più presto possibile".



Già, ma quando? Il primo segnale del malessere è una dilatazione della parte destra del cuore. Come se fosse scattato il campanello d'allarme, a quel punto bisognerà sospendere immediatamente la terapia farmacologica e se la situazione non regredisce, ma avanza, cercare di tirare fuori nel più breve tempo possibile il neonato mediante un parto cesareo nella speranza di avere evitato il peggio.



Nel 70 per cento dei casi esaminati gli effetti sul cuore regrediscono con la sospensione dell'antinfiammatorio mentre resistono nell'altro trenta per cento. Per evitare che diventi una patologia cardiaca permanente, si interviene subito dopo la nascita. I risultati di questi esami sono già pubblicati da una rivista angloamericana, "Ultrasound in obstetric and gynecology" ma per la prima volta sono stati resi pubblici in Italia, dove si contano oltre dieci milioni di utilizzatori del nimesulide in commercio dal 1985.



E' anche la prima volta che il profilo benefici-rischi connessi all'uso del farmaco riguarda le gravidanze. Ad oggi infatti solo dalle autorità sanitarie finlandesi era stata bloccata la commercializzazione del medicinale dopo avere osservato un'alta frequenza di cosiddetti eventi avversi, ma di tipo epatotossico.


03/01/2006

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